Tutto è possibile
Elizabeth Strout
Ciò che mi interessa principalmente è scrivere a proposito delle persone, senza accontentarmi di un solo sguardo… Mi interessa cosa succede nelle vite delle persone e non le voglio giudicare. Elizabeth Strout, una delle migliori scrittrici americane contemporanee (con “Olive Kitteridge” vinse il Pulitzer nel 2009) racconta come nessuno le straordinarie piccole vite delle persone comuni. A lei basta una leggera pennellata per rendere vivi i personaggi, senza noiose descrizioni della forma del naso o del colore dei capelli. Solo i grandi scrittori lo sanno fare. I protagonisti di “Tutto è possibile” hanno storie banali eppure appassionanti perchè la vita può fare a tutti regali inaspettati, come trovare l’amore a sessant’anni suonati, o ottenere un perdono che non si pensava di meritare. Al centro, ma non centrale, è Lucy Barton, protagonista nel 2016 di un altro bel romanzo, “Mi chiamo Lucy Barton”, che raccontava la sua vita adulta a New York. “Tutto è possibile” è una sorta di prequel che ruota intorno al suo inaspettato ritorno a casa, per una breve visita ai fratelli e all’impatto sulla piccola comunità di Amgash, dove trascorre lenta la vita ordinaria della provincia americana, nella quale tutti si conoscono ma nessuno si impegna ad andare oltre la superficie di relazioni di cortese convivenza. Lucy, cresciuta in una famiglia poverissima, vittima di abusi, da adolescente ha trovato la forza di abbandonare quella vita per trovare riscatto e successo nella lontana New York, dove è diventata una scrittrice affermata. Ora che è famosa, i suoi concittadini si rendono conto dell’impatto che il suo riscatto ha avuto sulla vita di ciascuno. C’è chi la ricorda a scuola a dormire di nascosto in un’aula per sfuggire agli abusi in famiglia, chi legge il suo romanzo e ritrova la propria storia, chi recupera una nuova forza per voltare pagina. Ma nessuno si preoccupa di capire chi è davvero oggi Lucy, anche se una delle pagine più belle è proprio il suo incontro con i fratelli, uno intimorito, l’altra infastidita dal suo successo e dal suo allontanamento. Quegli stivaletti e il giubbotto da cittadina sono gli elementi che incarnano agli occhi della sorella il definitivivo allontamento di Lucy dal loro mondo, ed evidenziano coem l’abbia rinnegato. Così Lucy capisce che cambiare significa allontanarsi e che non si può ricucire quello che si è strappato, anche per andare incontro a una vita migliore. In questa sorta di “biografia collettiva” quello a Elizabeth Strout preme raccontare è che la vita può lasciare senza fiato. E che la vita di ogni persona, anche la più insignficante, può essere appassionante come un romanzo, perchè a ciascuino l’esistenza può regalare lampi di amore, di amicizia, di profonda comprensione tra esseri umani. Momenti che ripagano di tutte le amarezze. Lampi di felicità.